Voglia di scuola familiare
1. L'homeschooling
cresce negli USA
Sono passati quasi tre anni da quando
"Tuttoscuola" lancio' in Italia, attraverso un convegno
svoltosi a Genova nell'ambito della fiera
ABCD, la problematica dell'homeschooling,
la versione anglosassone, e in particolare americana,
della nostra "istruzione paterna". All'argomento fu poi
dedicato un ampio servizio, pubblicato nel numero di dicembre 2004 della nostra
rivista ("2015, fine della scuola?". I lavori del convegno
sono disponibili su tuttoscuola.com).
Il
fenomeno, che negli anni settanta del secolo scorso
coinvolgeva negli USA meno di ventimila giovani dai 3
ai 18 anni, e' andato crescendo con ritmo
esponenziale, tanto che secondo alcune fonti riguarderebbe attualmente oltre 2 milioni di bambini e
ragazzi. Lo stesso governo americano ne ammette ufficialmente oltre 1.200.000.
E' interessante notare che all'origine della scelta di educare i figli in
proprio, sfidando le leggi sull'obbligo scolastico di
non pochi degli Stati che formano gli USA, ci furono
in quel Paese ragioni abbastanza simili a quelle che hanno
indotto le venti famiglie della Valconca a fare la
stessa scelta: la diffidenza verso la
scuola pubblica, percepita come un ambiente burocratizzato, spesso
violento, incapace di trasmettere valori
positivi, soprattutto quelli di ispirazione cristiana.
A promuovere le prime esperienze furono infatti piccole comunita'
di evangelici, battisti e altre
confessioni religiose.
Ma l'homeschooling si e' negli ultimi anni
fortemente sviluppato soprattutto perche' viene avvertito sempre piu'
come una modalita' di insegnamento e apprendimento piu' efficace e
tecnologicamente meglio attrezzata rispetto a quella tradizionale, come dimostrerebbe l'esito degli
esami e dei test ai quali gli homeschoolers si sottopongono, con risultati comparativamente migliori rispetto a quelli conseguiti dagli allievi delle scuole pubbliche.
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Ora anche in Italia?
In Italia la scuola familiare, gestita al di
fuori di strutture scolastiche pubbliche o private, non ha un
presenza significativa e, dai dati ufficiali, non
raggiunge nemmeno livelli da rilevazione statistica.
Ma, come da diverso tempo sta succedendo in alcuni Paesi occidentali, tra
cui gli USA, dove aumentano le famiglie che provvedono in proprio all'istruzione
dei figli, anche in Italia il
fenomeno potrebbe prendere piede.
E' di questi giorni la notizia di un
gruppo di famiglie della provincia di Rimini che ha deciso di
non iscrivere i propri figli ad alcuna scuola, statale o privata, e
di provvedere in proprio, come consente la legge, con
la cosiddetta "istruzione paterna", prevista fin da
quando un secolo e mezzo fa venne
introdotto l'obbligo scolastico.
Si tratta di venti famiglie della Valconca che si sono
improvvisate docenti dei propri figli (venti in tutto) in eta' di
scuola primaria (4 di prima e 5 di seconda), di scuola media (cinque) e
di secondaria superiore (altri cinque).
La loro decisione, che si aggiunge ad alcune altre esperienze italiane isolate,
potrebbe aprire prospettive nuove anche in Italia.
La decisione ufficiale della scelta delle famiglie
riminesi sembra essere stata quella della
distanza dalla sede dell'istituto comprensivo
della zona, ma la ragione vera e' forse
un'altra. Le famiglie hanno dichiarato, infatti, di volere dare ai propri
figli una educazione cristiano-cattolica e non
hanno nascosto la propria sfiducia nella scuola
pubblica, perché non lascerebbe spazio alle famiglie e
non darebbe conto in modo trasparente di come conduce la
propria attività.
Chi sceglie l'istruzione paterna o familiare, contrariamente a quanto avrebbero
dichiarato alla stampa i genitori riminesi,
deve però annualmente sottoporre ad esame di idoneità i propri figli presso una scuola statale o paritaria, come ha precisato più volte recentemente ilMinistero della pubblica istruzione.
TuttoscuolaNEWS n. 308 - lunedì 1 ottobre 2007