Saperi forti fino a 16 anni
Italia
Oggi - 10-05-2006
Basta
con le pratiche ambigue della formazione
Non è impegno da poco assumere, nelle condizioni attuali, la responsabilità del
sistema scolastico italiano. Occorre promuovere, con rapidità, iniziative
capaci di riavviare un sistema che in questi anni ha manifestato un disagio
profondo, posto di fronte a intenti incerti e confusi, a innovazioni
improvvisate e alla richiesta di adempimenti contraddittori. Gli insegnanti non
sanno più a che santo votarsi, frastornati dai cascami di una modernizzazione
che ha assunto a modello di riferimento l'organizzazione aziendale. Le famiglie
sono frastornate da una confusione negli ordinamenti che le spinge, a scopo
difensivo, a dirottare sui licei le scelte per l'istruzione secondaria. Il
pubblico si interroga sul senso di una proposta culturale, quella centrata
sulla triade inglese-internet-impresa, che fa assurgere temi contingenti ad
asse di riferimento per l'istruzione, senza alcun tentativo di interpretare il
senso delle trasformazioni in atto nella società e nella conoscenza e le
conseguenze che da tali trasformazioni derivano per la popolazione.
Occorre uscire da questa confusione effettuando scelte che costituiscano la
premessa per la ricostruzione di un rapporto di fiducia tra il sistema
scolastico e il pubblico. Gli insegnanti debbono ritrovare la serenità
necessaria per svolgere al meglio il loro compito delicato e le famiglie
debbono percepire che il corredo di competenze che i figli acquisiscono nella
scuola costituisce la premessa per la definizione di un profilo culturale che
sosterrà il successivo corso della vita, accogliendo i nuovi apporti,
sostituendo e aggiornando le competenze già possedute, consentendo di assumere
un ruolo attivo nei processi di adattamento che nelle condizioni che verranno
determinandosi appariranno necessari. Dai risultati delle ricerche comparative
internazionali emerge un quadro assai poco esaltante della capacità del nostro
sistema scolastico di fornire agli allievi il corredo di competenze di base
(linguistiche, matematiche e scientifiche) necessario per continuare ad
apprendere in età adulta. Senza perdersi in questioni di ingegneria
istituzionale occorre quindi porre le condizioni per rafforzare le competenze
di base. Ciò comporta che sia assicurato a tutti un consistente periodo di
istruzione generale.
Più obbligo
La prima proposta consiste perciò nel varare subito una legge che porti a 16
anni (e, nel volgere di lustro, a 18 anni) il termine per l'istruzione
obbligatoria. Deve essere chiaro che l'obbligo riguarda l'istruzione e non
quelle pratiche ambigue che si è soliti designare come formazione: capire un
testo, acquisire consuetudine con modelli di razionalità matematica o esplorare
la natura non sono attività equivalenti al tirocinio che si può svolgere come
barbiere, praticante di cucina o apprendista artigiano. Una legge sull'obbligo
risolverebbe positivamente una diatriba che altrimenti rischia di diventare
nominalistica, quella se abrogare o meno la riforma dei cicli varata nella
passata legislatura. Dal momento che il punto nodale di quella riforma era la
separazione precoce della popolazione fra una parte avviata a un'istruzione
scolastica lunga e una indirizzata, già a 13 anni, alla formazione
professionale, stabilire il termine dell'obbligo a 16-18 anni equivale a
neutralizzare il disegno culturalmente e socialmente retrogrado della scelta
effettuata.
Il ruolo dei docenti
La seconda proposta consiste nella rivalutazione della funzione docente. Gli
interventi di questi ultimi anni hanno mortificato l'immagine di chi opera
nella scuola, imponendo adempimenti che neanche i proponenti riuscivano a
definire nella loro effettiva portata. Frustrazione e sottrazione di
responsabilità sono state le conseguenze di una gestione verticistica e
burocratica che ha ridotto l'autonomia delle scuole alla gestione di una
manciata di spiccioli. Occorre ridare ai docenti sicurezza circa le condizioni
del loro lavoro e valorizzare, promovendone la diffusione, le soluzioni più interessanti.
La professione degli insegnanti deve essere ridisegnata, a partire da studi
universitari culturalmente solidi e da un tirocinio iniziale, da svolgersi
nelle scuole con l'assistenza di docenti esperti, al termine del quale si
conseguirebbe l'abilitazione.
La ricerca educativa
Infine, ed è questa la terza proposta, c'è bisogno di elaborare ed avviare un
programma per la ricerca educativa. Il sistema scolastico non può fare a meno
di disporre degli elementi conoscitivi necessari per assumere le decisioni più
opportune.
La ricerca deve fornire dati sul funzionamento della scuola, elaborare modelli
dello sviluppo possibile, mettere a disposizione metodologie opportune e
strumenti di analisi, sperimentare nuove soluzioni per esigenze specifiche,
assicurare la continuità fra la cultura educativa italiana e quella
internazionale. Questi compiti potrebbero essere svolti da un istituto
nazionale per la ricerca educativa, al quale dovrebbe essere riconosciuta la
più ampia autonomia.
di Benedetto Vertecchi
ordinario di pedagogia sperimentale presso l'università Roma Tre,
ex presidente dell'Istituto nazionale di valutazione del sistema
dell'istruzione
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