Varano... specchio di antiche lune
a cura di Teresa Maria Rauzino
Giuseppe Cassieri ha definito Domenico Sangillo "il poeta del Varano".
Ci consiglia di leggerlo "in lieve abbandono, accostando l’orecchio alle minime crespature del cuore e del lago, così come occorre spalancare l’occhio sulle minime vibrazioni dei verdi e degli azzurri, in disperata sinergia sulla tela, quanto più tetre si rivelano le corrispondenze umane, e come refrattario, inibito, il senso del mondo". Sangillo quelle atmosfere le ha proposte soprattutto nei suoi quadri quando, tonalista di rango, esponeva nelle prestigiose gallerie d’arte italiane e nelle Quadriennali romane.
Il Varano è un "luogo dell’anima", come le campagne garganiche e romane che egli immortalava nelle sue rarefatte e misteriose visioni paesistiche, permeate di un sommesso afflato lirico, suggestivo "coro a bocca chiusa".
Varano …
specchio di antiche lune
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La palude
… è l’alba!
Intorno l’odore
del giunco marcito;
uno stagno,
un pugno di canne,
un volo di beccaccini.
E’ nato un nuovo giorno.
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Una povera luna
Lacerata
dalla giuncaia
di rosso
si tinge lo stagno.
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La morte dell’airone
Uno sparo crudele,
un tonfo nello stagno.
Fra quei giunchi insanguinati
l’estremo strepitìo.
Nel convulso gracidare di una rana,
le note della preghiera.
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La vita
E’ quasi impercettibile
lo sciacquìo che rimuove
le alghe morte,
i pensieri stanchi,
le ombre. |
Le liriche sono tratte da Domenico Sangillo, Segni di un uomo nel tempo, Schena editore, 1991
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