Quando
la matematica è un'opinione
Galileo news - 22-10-2005
Ammantate
di oggettività e rigore scientifico, consentono di affermare più o meno tutto e
il contrario di tutto. Le analisi quantitative sono diventate pane quotidiano
di settori disparati, dalla politica all'economia, dalla sanità alla
giurisprudenza, dalla medicina alle scienze sociali. Fanno effetto, ma possono
ingannare più delle parole, e possono trasformarsi in uno strumento
potentissimo per far sembrare fatti quelle che sono solo opinioni. Le cifre da
cui siamo quotidianamente sommersi, che riempiono le pagine dei giornali e i
servizi televisivi, sono state protagoniste del convegno "Uso e abuso dei numeri",
organizzato il 14 e 15 ottobre alla Scuola Normale Superiore di Pisa
dall'Associazione Normalisti, che raggruppa oltre 600 soci tra studenti,
ex-allievi e docenti.
Paradossalmente le cifre, proprio perché capaci di veicolare messaggi
immediati, secchi, oggettivi, possono essere facilmente manipolabili e
falsificabili. Che valore avrebbe, per esempio, l'affermazione che l'80 per
cento degli italiani la pensa in un certo modo su un argomento, se si tace come
è stato estrapolato il dato, qual è stato il metodo statistico usato, qual è il
campione di riferimento, quante persone hanno partecipato e così via?
Semplicemente nessuno, è una cifra priva di significato.
Per evitare i raggiri numerici, sottolinea Franco Montanari, presidente
esecutivo dell'Associazione Normalisti, è necessario un certo livello culturale
e intellettuale della popolazione: "In una società civile, perché i
cittadini siano consapevoli e capaci di compiere scelte non manipolate da
altri, serve maggiore alfabetizzazione matematica, che permetta di capire il
reale significato dei numeri, e maggiore alfabetizzazione linguistica, per
cogliere il contesto nel quale quelle cifre si inseriscono". Un abile
uso e abuso dei numeri è strettamente legato, infatti, anche alle capacità
linguistiche e retoriche di chi presenta i dati.
Una delle frasi fatte più abusate in politica è che sono le cifre a parlare e
non le chiacchiere. Ma "l'uso dei numeri può essere bestiale",
ha detto Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera, che a
titolo d'esempio ha considerato l'allarmismo sull'aumento degli omicidi e della
violenza in Italia. In realtà, stando agli ultimi dati forniti dal Ministero
dell'Interno, ogni anno 685 persone sono vittime di un assassino, ovvero uno
ogni 83.000 abitanti. Negli anni Ottanta erano cinque volte di più e nel secolo
scorso 18 volte di più.
Non è solo la politica a strumentalizzare le cifre, attraverso manovre
elettorali e propaganda. In ambito penale, per esempio, Tullio Padovani,
avvocato di diritto penale della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, ha
sollevato perplessità su alcuni meccanismi previsti dalla legge per determinare
gli sconti carcerari, costruiti secondo proporzioni matematiche tra la gravità
del reato e la pena, ma in realtà fondati su base puramente arbitraria. E se in
ambito giuridico "dare i numeri" può determinare la sorte di
un persona, in ambito medico e sanitario si mette in gioco la salute stessa dei
pazienti e l'ontologia medica. Di qui il richiamo a maneggiare e saper
interpretare con cura i numeri, che come li definisce scherzosamente Montanari
"sono la cosa più vicina a Dio che esista. Tutti possono arruolarli
sotto la propria bandiera, a seconda di come faccia più comodo".
Daniela Cipollini
da http://www.didaweb.net/fuoriregistro/