Perugia:
due ex studenti scrivono e realizzano una pellicola su chi, come loro, deve affrontare
l'incubo del "dopo"
Appena laureati e già precari
"Un film su noi ragazzi del limbo"
"Il
primo sole" è una commedia ricca di storie ispirate alla realtà
"Altro che generazione da mille euro al mese, magari ce
l'avessimo..."
di CLAUDIA MORGOGLIONE
ROMA - E'
"una terra di nessuno" che i ragazzi tra i venti e i trent'anni
conoscono bene: quel senso di vuoto che prende subito dopo la laurea,
quell'ansia perenne per il futuro, quella continua caccia a lavoretti precari
in attesa di una (fantomatica) grande occasione. "Spesso si parla di
generazione da mille euro al mese - racconta il venticinquenne Giacomo Maria
Pilia, da luglio dottore in Scienza delle comunicazioni a Perugia - ma nessuno
si occupa della fase precedente, il limbo in cui siamo noi che abbiamo appena
finito gli studi: perché nella nostra situazione magari averceli, i mille euro
al mese...".
Uno sfogo tra i tanti, quello di Giacomo?
No, lui non si è limitato alle generiche lamentazioni: fresco di laurea,
ossessionato da "tristi serate insieme agli amici, tutti
preoccupatissimi", ha deciso - insieme alla collega Carmen Nardi - di
metterle nero su bianco, queste storie di ordinario precariato. Di farle
diventare una sceneggiatura, che poi - attraverso il coinvolgimento di un loro
docente, il regista Carlo Bolli - si è trasformata in un film vero e proprio:
si chiama Il primo sole, dura 85 minuti, è attualmente in fase di
montaggio. In attesa di trovare un distributore per le sale: già alcune società
sono interessate al prodotto, e i realizzatori confidano che un accordo, con
una di loro, prima o poi si troverà.
E di storie, dal materiale raccolto dai
due ideatori del progetto, ne emergono tante. Giacomo ce ne racconta alcune in
anteprima: "C'è un classico, la ragazza che è andata all'estero per
trovare un po' di fortuna, con una borsa di ricerca; c'è quello talmente
rassegnato a non trovare nulla che invece di pensare a se stesso osserva solo
le disgrazie altrui; c'è il ragazzo che fa il parcheggiatore a Perugia, per
raccogliere i soldi che gli servono per andare in Israele a studiare col suo
docente". E poi naturalmente c'è la madre di tutte le difficoltà e di
tutte le frustrazioni, "l'inevitabile esperienza nel call center".
Queste alcune delle situazioni tipo. Ma lo
scopo del film, spiega ancora Giacomo, non è tanto quello di fare un
campionario, "quanto il mostrare la situazione emotiva di chi fa parte di
questo limbo. Di come il problema del 'cosa farò dopo' si ripercuota sulle
nostre psicologie".
Insomma, il ritratto di una generazione
sospesa tra due mondi: senza la spensieratezza della vita da studente, e senza
nemmeno quel po' di sicurezza - per quanto precaria e sottopagata - di chi
comunque una sua strada l'ha già imboccata. "Il cinema finora si è
occupato o del prima, dell'università, o del dopo: il limbo non l'ha mai
raccontato nessuno. Così abbiamo deciso di farlo noi".
Un'avventura durata alcuni mesi, che ha
coinvolto in prima persona, insieme a Giacomo e Carmen, una trentina di
ragazzi. Un'esperienza entusiasmante, per loro: prima il professor Bolli che li
aiuta a scrivere la scneggiatura e che accetta di dirigerla, poi il
coinvolgimento di una società di produzione, la HD, che ha finanziato per metà il progetto (rigorosamente low budget); poi ancora l'arrivo di una serie di
sponsor che hanno contribuito ai costi, in cambio del cosiddetto product
placement (l'apparire dei loro marchi nel film). E infine, la parte più
divertente: l'esperienza sul set.
Certo, per giudicare il prodotto finale,
bisognerà aspettare la (probabile) uscita nelle sale. Ma intanto, quei trenta
ragazzi, un passo per uscire fuori dalla terra di nessuno l'hanno già fatto,
realizzando il film. Anche se Giacomo, forse con un po' di scaramanzia, lo
nega: "Io nel limbo ci sono ancora, eccome...". Da http://www.repubblica.it/
(28 aprile 2006)
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