VITE DA SALVARE
D’Agostino: «Non è accanimento terapeutico ma semplice assistenza a persone
che hanno bisogno». L’incredibile risveglio di Crisafulli, cui il fratello
aveva minacciato di staccare il sondino
Coma, «mai in Italia un caso Terri Schiavo»
Il
Comitato nazionale di bioetica ha approvato un documento in cui sostiene che
«alimentazione artificiale e idratazione» non possono essere sospesi. Intanto
Salvatore, uscito dal coma a luglio, oggi parla: ero cosciente, sentivo tutto
Da
Milano Lucia Bellaspiga
In
Italia non dovrà mai esserci una Terry Schiavo. Nessuno, insomma, dovrà avere
il potere di negare cibo e acqua alle persone in stato vegetativo persistente:
ieri il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) ha approvato a larga maggioranza
un documento in cui esprime "un no deciso alla sospensione di
alimentazione artificiale e di idratazione" a tali pazienti, che - va
ricordato - hanno funzioni vitali normali e respirano autonomamente, pur non
essendo coscienti. Per intenderci, come dormissero.
«Il punto - ha sottolineato il presidente del Cnb, Francesco D'Agostino - è
valutare se tali pratiche possano, in alcuni casi, configurarsi come
accanimento terapeutico», dubbio lecito di fronte a persone che vegetano anche
per decenni e per le quali a volte le stesse famiglie, stremate da solitudine e
mancanza di sostegni, chiedono di staccare il sondino. Ma la risposta del Comitato
è che «poiché possono essere alimentati e idratati anche dai familiari, non
necessariamente in ospedale», dar loro il cibo e l'acqua necessari per vivere
«non è da considerarsi un atto medico ma una assistenza di base che, come tale,
non può configurarsi come accanimento terapeutico».
Un parere condiviso dal sottosegretario alla Salute, Domenico Di Virgilio (che
tra l'altro proprio l'altroieri aveva avviato la prima commissione creata in
Italia dal ministero per sottoporre il problema del coma a 15 massimi esperti
in rianimazione e "risvegli"). Anche per il sottosegretario
«alimentazione e idratazione non sono terapie», visto che si tratta di non far
morire di fame e di sete persone che di per sé «non sono coscienti ma vivono
senza l'ausilio di macchine». Sulla medesima questione, comunque, si esprimerà
entro due mesi anche la neo-commissione ministeriale, che per il momento sta
ancora orientandosi in un fenomeno purtroppo tanto vasto quanto sconosciuto in
Italia, dove fino a oggi non solo non si era mai fatto un reale censimento dei
casi (sarebbero 1.500), ma soprattutto non si è mai r isolto il problema di
pazienti che nessun ospedale ospita oltre un certo tempo ma che nessuna
famiglia, pur dissanguandosi, può sostenere da sola.
Soddisfatto per il documento approvato dal Cnb anche Riccardo Pedrizzi,
responsabile nazionale di An per le politiche della famiglia e presidente della
consulta etico-religiosa del partito: «Ricordo che ben il 33% di loro riesce a
svegliarsi. E questi, una volta tornati dal coma profondo o da stati vegetativi
persistenti, ringraziano parenti e medici per aver continuato a tenerli in
vita». «Allo stesso tempo però - ha detto - di questi malati non si devono fare
carico solo le famiglie».
Proprio per questo mesi fa era apparso in tv Pietro Crisafulli, fratello di
Salvatore, giovane catanese in stato vegetativo da due anni: Pietro aveva
minacciato di staccargli il sondino se lo Stato non si fosse occupato del loro
caso. Tutta la famiglia, infatti, fratelli e cognate compresi, aveva lasciato
il lavoro per seguire Salvatore, padre di 4 figli, incosciente dall'11
settembre 2003, quando in Vespa si era scontrato con un furgone. Da quel giorno
gli ospedali, dandolo per irrecuperabile, se lo erano rimbalzati, finché ad
Arezzo a luglio (un anno e mezzo dopo l'incidente) la testardaggine di medici
che non lo volevano dare per perso ne ha provocato il "risveglio". Il
caso è arrivato in tv e solo allora le istituzioni se ne sono fatte carico,
assicurando al paziente quelle cure cui tutti avrebbero diritto. E i risultati,
guarda caso, non si sono fatti attendere: Salvatore prima ha mosso il braccio
destro, poi ha girato la testa, ora ha compiuto il miracolo, ha ripreso a
parlare. «La prima parola che ha detto è stata mamma», racconta la madre, 63
anni, che non lo lascia un istante. Dal letto Salvatore la guarda e sorride.
È stato lui, per bocca a sua, ad assicurare: «Mentre ero in coma capivo e
sentivo tutto. Anche i medici che dicevano che io non ero cosciente».
http://www.avvenire.it/ - Mercoledi 05
ottobre 2005
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